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Perché scegliere un dispositivo convesso

23/01/2025
una donna che indossa occhiali da sole ;

A cura di Raffella De Lio, Coordinatrice Infermieristica Casa di Cura Pierangeli di Pescara

 

La stomia è un’apertura creata chirurgicamente sull’addome del paziente per consentire la fuoriuscita degli effluenti nel caso in cui, a causa di un tumore, di una malattia infiammatoria cronica intestinale o di un trauma, sia stato necessario rimuovere un tratto di intestino o dell’apparato urinario. Dopo l’intervento chirurgico e il confezionamento della stomia, le persone stomizzate sono preda di paure e di non accettazione della nuova condizione in cui si trovano a vivere; sono convinte di rappresentare un problema per sé stesse e per i loro cari e hanno urgente bisogno di affidarsi ad una figura professionale attenta e competente, che sappia ascoltarli e guidarli nel difficile processo di accettazione ed autogestione laddove possibile.

 

Tale processo si rivela più complicato ed impegnativo per i pazienti e per i caregiver (persone che si prendono cura di loro) se la stomia risulta di difficile gestione e se, di conseguenza, i dispositivi di raccolta non riescono a garantire la corretta tenuta e a ridurre il temuto fenomeno delle infiltrazioni. Uno dei principi guida dello stomacare, infatti, è quello di garantire e mantenere un sigillo sicuro, al fine di evitare infiltrazioni degli effluenti ed impedire che si inneschino le alterazioni della cute peristomale.

 

Diventa dunque fondamentale, da parte di noi operatori sanitari, la valutazione dell’addome del paziente e del posizionamento della stomia, sia in fase preoperatoria (attraverso l’impiego del disegno preoperatorio) che nella fase postoperatoria, prendendo in carico il paziente subito dopo l’intervento chirurgico e monitorandolo in ambulatorio una volta dimesso, al fine di individuare il giusto dispositivo in grado di garantire la massima tenuta e l’integrità della cute peristomale ossia capace di soddisfare il bisogno clinico individuato per quel dato paziente, sia esso l’estroflessione della stomia, sia esso la distensione della cute peristomale.

 

Esistono diverse tipologie di stomia che ci spingono ad utilizzare dispositivi di raccolta convessi, cioè in grado di gestire o prevenire complicanze generate dall’infiltrazione degli effluenti al di sotto della barriera cutanea, le cosiddette pMASD. Va precisato che, quando si parla di dispositivo convesso, si intende la curvatura esterna della placca che entra in contatto con la pelle del paziente. La placca convessa esercita tensione sulla cute peristomale, distendendo o appiattendo eventuali pieghe cutanee e favorendo l’estroflessione della stomia rispetto all’addome.

 

Alla domanda quando è opportuno utilizzare un dispositivo convesso rispondo che esistono indicazioni di utilizzo della convessità in differenti situazioni che elenco qui di seguito[i]:

1)    stomia sul piano cutaneo: non presenta l'eversione ottimale (2,5cm rispetto al piano cutaneo) tale da garantire la tenuta del dispositivo di raccolta intorno alla sua base. La stomia confezionata sullo stesso livello del piano addominale è definita anche “flush stoma”;

2)    stomia retratta: sotto il livello del piano addominale con una retrazione che può essere parziale o totale; la causa precoce può essere una difficoltà tecnica al momento dell’intervento chirurgico o l’aumento del peso corporeo nella fase post-operatoria;

3)    cute peristomale con pieghe e/o pliche: le pieghe o le pliche formano canali lungo i quali possono infiltrarsi gli effluenti; tali fenomeni si verificano soprattutto in determinate posizioni, ad esempio in posizione seduta;

4)    stomie malposizionate: confezionate durante l'intervento chirurgico, in elezione o in urgenza. La mancata valutazione del posizionamento tramite disegno preoperatorio, può generare una stomia posizionata in pieghe profonde o su pliche cutanee ossia in punti non equidistanti da inguine, ombelico e arcata costale;

5)    stomie ad alta portata: produzione di effluenti superiore a 750ml crea un maggiore potenziale di perdita al di sotto della barriera;

6)    stomia con estroflessione rispetto al piano cutaneo, ma con l’angolo di drenaggio vicino al piano cutaneo. Si tratta di una stomia con alta probabilità di infiltrazioni degli effluenti tra la cute e la barriera;

7)    stomia confezionata su addome pendulo o flaccido: in questo caso l'addome si presenta con scarso tono muscolare e fornisce poco supporto alla stomia con conseguente contorno peristomale flaccido non idoneo alla tenuta del dispositivo di raccolta.

 

La scelta di un dispositivo convesso, che si parli di una stomia intestinale o di una stomia urinaria, viene solitamente effettuata alla prima apparecchiatura in sala operatoria, ma può essere rivalutata dallo stomaterapista in base alle necessità del paziente. Vi sono diverse considerazioni da effettuare quando si utilizzano barriere convesse. È necessaria cautela, poiché un eccessivo gradiente di convessità può esercitare troppa tensione nell’area peristomale e causare complicanze quali eritema, ematomi, ulcerazioni ischemie superficiali e distacchi della sutura. Sebbene un ulteriore sigillo possa essere aggiunto, anche questo può provocare maggiore tensione e aumentare il rischio di traumi cutanei.

 

Un ulteriore rischio è causato dallo sfregamento della barriera convessa contro la stomia, possibile causa di una ipergranulazione: si tratta della formazione di escrescenze di tessuto intorno alla giunzione della stomia e della pelle circostante. Questi noduli potrebbero sanguinare e creare problemi di tenuta del dispositivo. Del resto, un uso appropriato del dispositivo convesso può migliorare significativamente la qualità della vita di una persona stomizzata, grazie ad una buona tenuta e al mantenimento di una cute integra.

 

Questo permette ai pazienti di sentirsi più liberi e sereni, facilitando il ritorno a una vita normale e attiva. La letteratura è chiara nel definire che le caratteristiche principali di un dispositivo di raccolta devono assicurare una tenuta affidabile, e una usura prevedibile. L’offerta di dispositivi di raccolta convessi è ampia, soprattutto nella versione monopezzo. Rispetto al passato, sono molto presenti nelle dotazioni ospedaliere e negli ambulatori dedicati. A questo dobbiamo aggiungere il cambiamento del paziente, della sua stomia, del suo profilo corporeo e potrebbe non essere facile per lo stomaterapista districarsi in mezzo a tutto questo.

 

Le ultime Consensus Internazionali[ii] raccomandano che, qualora si utilizzi un dispositivo convesso, la persona stomizzata sia attentamente monitorata al fine di prevenire complicanze quali, ad esempio la separazione mucocutanea, granulomi, ematomi, eritema, discolorazione della cute, dolore, fastidio causato dalla rigidità e traumi capillari. Tuttavia, sarà la presenza di una gamma completa e la scelta del giusto dispositivo che potrà permettere all’operatore sanitario di poter indirizzare il paziente verso la scelta più adatta alle proprie esigenze.

 

Certamente il primo approccio è sempre rappresentato dall’utilizzo di una convessità leggera che, con il suo minimo gradiente di convessità, non crea alterazioni o complicanze della cute peristomale e della giunzione muco-cutanea.

Cosa intendiamo veramente quando parliamo di convessità “Soft”? Il giusto gradiente di convessità dovrebbe essere quello che scarica minore tensione sul corpo e che quindi abbia una profondità minore. Tale tensione non influisce sul processo di riparazione tissutale in caso di eventuali alterazioni della cute peristomale, consentendo di applicare punti di tensione centralizzati nella zona peristomale o periferici per il livellamento di un piano addominale flaccido anche in caso di stomia estroflessa.

 

Inoltre, un dispositivo convesso[iii] deve presentare 5 caratteristiche fondamentali che lo rendano performante e versatile allo stesso tempo, in base ai bisogni clinici da perseguire.

1)        Profondità: ossia misurazione dall’apice della cupola alla base della stessa.

2)        Comprimibilità: capacità della cupola convessa di essere spostata o appiattita.

3)        Flessibilità: facilità con cui la barriera convessa può piegarsi.

4)        Punti di tensione: rappresentano le posizioni in cui la barriera esercita una tensione verso il basso e verso l’esterno sulla topografia peristomale.

5)        Pendenza: è l’angolo dalla base della barriera convessa all’apice della cupola.

 

Maggiore è la combinazione tra punti di tensione e profondità, maggiore è la gamma di opzioni per fare una scelta sartoriale sul paziente, permettendo cioè di scegliere il dispositivo più adatto a qualsiasi tipologia di stomia e profilo corporeo, anche nel post-operatorio. Il suggerimento è quello di monitorare il paziente ogni due settimane, nel primo mese dopo il confezionamento e successivamente ogni 3-6 mesi a discrezione dell’operatore sanitario. Sarebbe sempre opportuno chiedere ai pazienti di effettuare, ad ogni cambio della barriera, una corretta valutazione della cute e riferire all’infermiere stomaterapista circa eventuali cambiamenti o segni di danni.

 

Se la profondità minima di convessità non dovesse risultare sufficiente per raggiungere gli obiettivi clinici prefissati, ossia l’estroflessione della stomia con punti di tensione centralizzati o la distensione della cute peristomale, applicando punti di tensione periferica, sarà allora necessario valutare un aumento della profondità della barriera convessa. Altra caratteristica fondamentale che devono avere i dispositivi convessi è la presenza di una barriera convessa costituita da esclusive tecnologie idrocolloidali, che creano una barriera sicura proteggendo la cute peristomale in ogni circostanza. La differenziazione della composizione della barriera, in base alla tipologia della stomia per cui si applica, è un plus. Ovvero, per la gestione delle ileostomie e delle urostomie, i cui effluenti sono molto più aggressivi, le barriere cutanee devono essere progettate per resistere maggiormente a tali insulti e, dunque, avere una composizione differente rispetto alle barriere convesse impiegate per la gestione delle colostomie dove, essendo gli effluenti maggiormente formati, si prediligono altri aspetti, quali la flessibilità e la facilità di rimozione.

 

Solo un utilizzo appropriato dei dispositivi convessi può produrre risultati estremamente confortanti, facilitando il lavoro dello stomaterapista ed infondendo fiducia nel paziente. Quindi, nella scelta e nell’utilizzo di barriere convesse, si consiglia cautela e visite di controllo (follow-up) regolari. Risulta chiaro che l’operatore deve essere sempre a conoscenza della reale profondità di convessità espresso in millimetri, al fine di poter ottenere la risposta attesa.

 

In conclusione, posso affermare che non c’è alcun dubbio circa i benefici che l’utilizzo dei dispositivi convessi ha apportato nella gestione delle stomie difficili, rappresentando un fattore importante nel processo di educazione dei pazienti e migliorando l'assistenza alle persone stomizzate, ma saper scegliere il giusto dispositivo e monitorare e adattare continuamente il sistema di raccolta alle esigenze del paziente è fondamentale per ottenere i migliori risultati.

 

AP-72562-ITA-ITA

 



[i] Use of a Convex Pouching System in the Postoperative Period: A National Consensus. Janice C Colwell, Janet Stoia Davis, Krisztina Emodi, Jane Fellows, Mary Mahoney, Bethany McDade, Sima Porten, Elizabeth Raskin, Terran Sims, Holly Norman, Matthew T Kelly, Mikel Gray. J Wound Ostomy Continence Nurs. 2022 May-Jun;49(3):240-24

[i] Use of Convexity in Ostomy Care: Results of an International Consensus Meeting: Jo Hoeflok 1, Ginger Salvadalena, Sue Pridham, Werner Droste, Laurie McNichol, Mikel Gray. : J Wound Ostomy Continence Nurs. 2017 Jan/Feb;44(1):55-62

[i] Characteristics of Convex Skin Barriers and Clinical Application: Results of an International Consensus Panel: . Laurie McNichol, Terri Cobb, Yves Depaifve, Mary Quigley, Kimberly Smitka, Mikel Gray. : J Wound Ostomy Continence Nurs. 2021 Nov-Dec;48(6):524-532

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