Stomia e supporto emotivo
Stomia e supporto emotivo al paziente stomizzato: aspetti psicologici ed il ruolo dello stomaterapista
Di Maria Mauri, stomaterapista dell'Ospedale Tortora di Pagani (SA)
Si stima che in Italia ci siano circa 70.000 pazienti stomizzati, ognuno con la sua storia da raccontare, ognuno con un percorso clinico diverso, ma tutti alle prese con il problema di dover accettare momentaneamente o definitivamente, di vedere il proprio corpo cambiare. Prima di un intervento che potrà comportare il confezionamento di una stomia, la persona che spesso affronta la sua malattia con senso di smarrimento, pur essendo consapevole che la sua vita è destinata in qualche modo a cambiare, non ha la lucidità per comprendere appieno in che modo cambierà.
Nel momento in cui gli operatori sanitari prospettano il ricorso ad un inevitabile intervento chirurgico al paziente, l’impatto psicologico si incentra principalmente sul carattere “mutilante” dell’operazione. L’intervento quindi si colloca nello spazio simbolico dell’estremo sacrificio del corpo (malato) con lo scambio di una parte di sé per il raggiungimento della guarigione sperata.
Il confezionamento di un neo-stoma addominale comporta obiettivamente conseguenze sul piano psicologico: viene interrotta l’integrità del corpo, violata da una privazione di parti interne e segnata dalle cicatrici. Il paziente, infatti, deve faticosamente compiere un esame di realtà che presuppone, da un lato, il lutto del corpo precedente; dall’altro l’accettazione della nuova trasformazione.
Va inoltre considerato il post-intervento e la riabilitazione. I disturbi conseguenti a tale tipo di operazione, infatti, sono legati alla perdita della capacità di continenza delle feci, con il corollario di odori e rumori, che causano la sensazione di perdita dell’igiene corporea costante, condizionando la sua vita, quella dei suoi familiari ed eventualmente del partner. Problematiche in parte attenuate dai moderni sistemi di raccolta per stomia e dal continuo lavoro di ricerca e sviluppo sugli stessi da parte delle aziende di settore.
L’auspicio è che la stomia, spesso vissuta principalmente quale condizione invalidante, nonostante permetta la sopravvivenza ed un relativo stato di buona salute ad un elevato numero di pazienti, possa essere percepita come “soluzione e non come malattia”. Sono, però, inevitabili pensieri e domande da parte del paziente: Cosa mi succederà dopo l’intervento? Come cambierà la mia vita? Potrò ancora lavorare, andare al mare, a cena fuori…? Che cosa potrò mangiare?
A questo punto forse la domanda più frequente è: cosa o chi mi può aiutare a vivere una vita normale e ad avere una reazione psicologicamente positiva? Sono solo alcune delle domande che una persona stomizzata si pone prima di affrontare l’intervento che, temporaneamente o anche definitivamente, gli cambierà la vita e le risposte possono essere molteplici.
Sicuramente, l’appoggio di un esperto, come uno stomaterapista, il quale oltre a consigliarti sui dispositivi, sulla corretta gestione e sulle manovre da effettuare, spinge anche al recupero mentale e a reagire ad una condizione che per quanto possa apparire invalidante, poi in effetti nelle attività quotidiane permette di poter fare tutto.
E allora il ruolo dell’infermiere stomaterapista diventa fondamentale nel guidare il paziente verso la riabilitazione.
Avendo a che fare con i pazienti ogni giorno, gli stomaterapisti sanno che vivere con la stomia è come vivere con un nuovo organo e che l’impatto, visivo, fisico ma, soprattutto, emotivo è molto forte. Il sistema di raccolta adatto alle proprie esigenze fa sicuramente la differenza. Ma non basta. Occorre tutta una fase di supporto emotivo, in cui l’infermiere stomaterapista gioca un ruolo fondamentale.
Spesso i pazienti superano lo sconforto e l’abbattimento riflettendo sul fatto che l’intervento ha salvato loro la vita. Certamente non sarà più tutto come prima, ma si possono realizzare ancora tanti progetti di vita. Occorrono forza d’animo, tempo e coraggio per potere affrontare i problemi e ritrovare la gioia di vivere.
Gli aspetti emotivo-psicologici che si trovano a dover affrontare gli stomizzati sono principalmente legati al cambiamento del proprio corpo e alla difficile accettazione della nuova immagine di sé: difficoltà ad adattarsi a cambiamenti repentini e permanenti subiti e non scelti. Oltre alla ferita fisica, quindi, lo stomizzato deve convivere anche con quella psicologica, che ha bisogno di essere adeguatamente elaborata e accettata per poter avere una condizione di vita soddisfacente, perché con la stomia si compromette non solo la percezione del proprio aspetto fisico ma anche della propria identità.
Con questa pratica si è messi prepotentemente a confronto con l’essere malati, si vive un forte senso di inadeguatezza che potrebbe portare a disadattamento e vergogna. Molti stomizzati si sentono diversi a causa della loro condizione, difficilmente mascherabile, e spesso vivono nell’imbarazzo o nel timore di sporcarsi arrivando ad isolarsi e ad aumentare la loro stigmatizzazione.
La perdita del controllo volontario di una parte del proprio corpo può far insorgere vissuti di perdita e mutilazione che si traducono in rabbia, frustrazione, ma anche in invidia nei confronti delle persone sane. In alcuni casi il peso emotivo della malattia è talmente carico di dolore e angosce che il paziente può arrivare alla negazione della malattia stessa. I pazienti stomizzati se non adeguatamente sostenuti, possono andare incontro all’insorgere di patologie psicologiche serie come l’ansia incontrollata o la depressione con conseguente abbandono dei propri progetti di vita.
Le difficoltà relazionali con sé stessi e il proprio corpo possono estendersi anche agli altri investendo l’ambito familiare, amicale e lavorativo; spesso gli stomizzati si sentono soli e non capiti. Oltre allo stomaterapista anche il ruolo della famiglia è fondamentale, in quanto spesso anche lei viene travolta dal problema e non sa come comportarsi, ecco perché l’intervento terapeutico per essere efficace deve coinvolgere non solo l’individuo ma anche la sua famiglia tramite un lavoro integrato tra varie figure professionali: medici, psicologi/psicoterapeuti, infermieri e volontari.
Il lavoro deve essere orientato al supporto psicologico dell’individuo e anche della famiglia. Per quel che riguarda l’individuo l’intervento su di esso dovrebbe iniziare nella fase preoperatoria. In molti casi le uniche informazioni le ricevono dai chirurghi o dal personale infermieristico, ma sarebbe auspicabile una collaborazione tra enterostomista e psicologo in modo da fornire al paziente tutte le informazioni necessarie per affrontare un cambiamento psico-fisico così importante.
Anche nella fase postoperatoria ci sarebbe bisogno di un sostegno psicologico adeguato che accompagni la persona verso le dimissioni. A questo punto il paziente viene dimesso e potrebbe avere la sensazione di essere stato abbandonato. Invece, è proprio qui che l’infermiere stomaterapista dimostra tutta la sua competenza e professionalità. È in questa fase, in cui il paziente ha estremo bisogno di un supporto emotivo oltre che pratico, che si gioca quel rapporto di fiducia tra infermiere e paziente. Proprio per questo, negli ultimi tempi, le aziende del settore non si limitano più a produrre e mettere in commercio i prodotti tecnologicamente più avanzati. Ma cominciano anche ad occuparsi di supporto emotivo.
Sarebbe necessario un intervento mirato a tenere in considerazione l’unicità della persona che sta affrontando questo cambiamento: non tutti reagiamo alla stessa maniera di fronte ad una situazione comune. Il paziente stomizzato deve essere aiutato per:
- accogliere ed elaborare il cambiamento;
- elaborare e superare il “lutto” corporeo;
- riappropriazione della propria normalità (relazionale, sessuale),
- costruire una nuova immagine di sé;
- raggiungimento di una nuova autoconsapevolezza e autogestione;
- aumentare l’autostima;
- riappropriarsi della vita relazionale.
L’obiettivo da raggiungere tramite questo lavoro integrato è quello di far sì che lo stomizzato torni ad essere ma, soprattutto, a sentirsi una “persona” che ha diritto di vivere la propria vita proprio come tutti gli altri. Il paziente stomizzato non si deve perdere d’animo: le diverse associazioni presenti sul territorio, ma anche le aziende produttrici di dispositivi come Convatec con il suo eccellente servizio me+, possono fornire un supporto psicologico e consulenza per tutte le domande, dubbi, ansie e insicurezze che il paziente stomizzato può accumulare.
La comunicazione e la fiducia rappresentano la base del processo di guarigione, quindi, è importante condividere i propri sentimenti, le proprie paure ed angosce con le persone che si amano. Spesso la malattia superata è anche occasione di riflessione sulla propria esistenza. Molte persone acquisiscono maggiore consapevolezza, vivono più intensamente e stabiliscono delle priorità nella propria vita.
Dopo un periodo di convalescenza, di adattamento alle nuove circostanze e familiarità con la stomia, la persona è in grado di riacquistare il giusto ritmo nelle attività quotidiane e la vita sociale che conduceva prima dell’intervento. Il paziente, presa coscienza della stomia e “familiarizzato” con essa, inizia a viverla come parte di sé e grazie all’autonomia nella gestione della stessa, ritorna a vivere una vita serena.
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