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Nella mia vita ho sempre e solo versato lacrime di gioia. Mi commuovevo alla vista di un neonato, di un cucciolo, per un film a lieto fine, per una qualsiasi bella notizia, ma mai per un dolore. La gioia mi inteneriva fino alle lacrime mentre il dolore mi ha sempre reso di pietra. Il dolore non meritava le mie lacrime, ma solo la mia rabbia, il mio disprezzo. Non ho saputo piangere nemmeno all’età di 16 anni, quando ho perso mia madre a causa di un tumore.
Piangere era sinonimo di sconfitta, di debolezza ed io volevo apparire ed essere forte per confortare e sostenere chi le lacrime, per un dolore, le sapeva versare. Tutto questo fino a quel tremendo giorno in cui seppi di avere il cancro; il giorno in cui il mio bel mondo mi crollò addosso!!! Ricordo quando andai a ritirare le risposte delle prime indagini mediche, che confermavano la presenza di un carcinoma. E adesso?
"Perché proprio a me”? Chi in questi casi non si è fatto la stessa domanda? Perché proprio a me? Possibile che in questo mondo sbagliato non ci fosse qualcuno che meritasse tutto questo al posto mio? Perché proprio a me?".
Marina
Ho pensato alle mie figlie, a mio marito, che sono tutta la mia vita e a tutti i miei cari. Vengo da una famiglia numerosa, sono la nona di dieci figli, fratelli e sorelle che adoro con tutto il cuore e che mi adorano. Sono sempre stata coccolata da tutti e risparmiata quando la vita ci ha messo davanti situazioni spiacevoli. Era arrivato il mio turno! Anche volendo, nessuno poteva risparmiarmi nulla! Da lì è cominciato il mio calvario! Chemio, radioterapia e poi l’intervento.
Prima di allora si era parlato della possibilità di una stomia provvisoria... forse nemmeno di quella perché, dalla risonanza magnetica, sembrava che il tumore fosse regredito parecchio, addirittura scomparso. Nella disgrazia ero serena, quasi felice perché sembrava che quella bestia maledetta avesse ceduto alla forza della medicina. Invece no! Il mostro si era nascosto e l’intervento chirurgico, che doveva essere più che altro esplorativo, ha portato al confezionamento di una stomia definitiva. Sono rimasta in sala operatoria per più di 10 ore; solo dopo essermi ripresa dall’anestesia, ho saputo della mia nuova realtà.
La notizia mi ha fatto sprofondare nel baratro della depressione. Non volevo e non potevo accettarlo. Ho pianto, ho pianto, ho pianto. Non volevo né vedere né toccare quella mostruosità che fuoriusciva dal mio addome... “la mia stomia”. Ci ho messo 4 mesi prima di guardarla e toccarla, fino ad allora le mie sorelle e mio marito hanno accudito e gestito “quella cosa”.
Andava bene così, purché non lo dovessi fare io. Non la volevo accettare. Dimessa dall’ospedale, l’incontro con Gaetano, il mio stomaterapista, che io “adoro”.Gaetano volle fare una scommessa e mi disse: “Io ti farò tornare a sorridere”. Ma cosa dici, pensai, tu non puoi capire. Che ne sai dell’inferno che sto vivendo! Pensavo che la mia vita d’ora in poi dovesse essere solo compassione per me stessa e autoemarginazione. Gaetano è stato di parola; ha vinto lui e, chiaramente, ne sono felice. Sono passati 15 mesi ed ho riacquistato la mia serenità e, soprattutto, la voglia di vivere.
Aiutare le persone che stanno vivendo ciò che ho vissuto io, poter fare qualcosa per loro, aiutarli a riacquistare fiducia nella vita, mi riempie il cuore di gioia. Mi sono chiesta tante volte perché mi sia capitato tutto questo, perché il cancro, perché proprio a me. Ma se è vero che ognuno di noi ha già scritto il proprio destino, ok, allora va bene così. Nonostante tutto sono fortunata, ci sono, vedo crescere le mie figlie, posso godere ancora della bellezza del dono della vita e tornare a sorridere. È come se fossi rinata… e questo è l’inizio della mia storia.
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